Un borgo sabino ha deciso di dedicare una giornata di festa ai bambini e agli adolescenti. Una bella idea che diventerà realtà a Fara in Sabina, in provincia di Rieti, domenica 14 aprile, una festa con un programma ricco di eventi gioiosi e interessanti. In tutt’Italia sabato 13 e domenica 14 aprile, in 1700 piazze di tutto il paese, i volontari di Telefono Azzurro manifesteranno contro gli abusi di ogni tipo sui bambini e sugli adolescenti e grideranno NO al bullismo. Eventi che offrono l’occasione per informarci meglio su questa tristissima realtà e fare qualche riflessione in famiglia, con gli amici e i colleghi.
Gli abusi sui minori
La forma di abuso più diffusa sui minori è l’abuso sessuale: incesto, pedofilia, esibizionismo e stupro sono purtroppo eventi frequenti. Infatti un adulto su quattro è stato abusato fisicamente da bambino, in particolare una donna su cinque e un uomo su dieci. Il 36% degli adulti dichiara di aver subito almeno un abuso psicologico. I dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono un pugno allo stomaco.
Da un punto di vista giuridico, la maggiore tutela sui diritti dell’infanzia a livello mondiale viene fornita dalla Convenzione ONU, un documento firmato ad oggi da 196 nazioni nel quale sono elencati quattro princìpi fondamentali: la non discriminazione, il superiore interesse del minore, il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino, e infine l’ascolto delle opinioni del minore.
In Italia, il più recente passo in avanti per la tutela dei minori in materia di maltrattamento e abuso è stata la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa, nota come Convenzione di Lanzarote (Isole Canarie – Spagna) del 2007, sottoscritta ad oggi da 42 stati. Il trattato ha l’obiettivo di prevenire e combattere lo sfruttamento e l’abuso sessuale sui minori, tutelare i diritti dei minori, vittime di sfruttamento e abuso sessuale, e promuovere la cooperazione nazionale e internazionale contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale di minori.
Belle parole ma ci sarebbe bisogno di interventi precisi e mirati e di politiche più efficaci, in particolare sarebbe importante investire di più sulla formazione degli operatori nel riconoscimento di segnali precoci di maltrattamento e abuso. Dobbiamo tenere tutti a mente che solo attraverso uno sviluppo sano dei nostri figli e nipoti sarà possibile garantire una crescita positiva della nostra società.
Il bullismo
Il termine bullismo indica, invece, un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. I bambini e i ragazzi che si ritrovano vittime di bullismo sperimentano una intensa sofferenza psicologica accompagnata da esclusione sociale. E’ importante ricordare che gli episodi di bullismo sono riconoscibili perché caratterizzati da comportamenti aggressivi, intenzionali e ripetuti. Pertanto non basta un episodio perché si possa parlare di bullismo.
Secondo un’indagine Istat sui comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, nel 2018, in Italia un ragazzino su due è stato vittima di episodi di bullismo. L’età a rischio è quella compresa fra 11 e 17 anni, anche se il periodo più critico è fra 11 e 13. All’inizio parolacce e insulti, seguiti dalla derisione per l’aspetto fisico e poi, in 4 casi su cento, botte. Una maggiore sinergia tra famiglia, scuola e istituzioni e un monitoraggio forte sui social media è la strada proposta dagli esperti per contrastare il fenomeno. Bisogna sensibilizzare sia i bambini che i genitori sul tema del bullismo. Bisogna lavorare sul rispetto di sé, sul rispetto dell’altro, sul rispetto delle regole. Per gli psicologi e per gli operatori sociali si tratta di una vera e propria emergenza, che deve essere contrastata soprattutto a scuola e in famiglia.
A subire il bullismo sono più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%), mentre tra gli studenti delle superiori le vittime più numerose sono i liceali (19,4%), seguiti dagli studenti degli istituti professionali (18,1%) e degli istituti tecnici (16%). Ci sono differenze anche tra Nord e Sud: il fenomeno è più diffuso nelle regioni settentrionali, con il 23% dei ragazzi fra 11 e 17 anni; la percentuale supera però il 57% considerando anche le azioni avvenute sporadicamente. Le violenze più comuni sono offese, parolacce e insulti (12,1%), la derisione per l’aspetto fisico o per il modo di parlare (6,3%), la diffamazione (5,1%), l’esclusione per le proprie opinioni (4,7%), le aggressioni fisiche (3,8%).
Subire atti di bullismo da bambini o adolescenti può avere conseguenze per tutta la vita. È necessario imparare ad ascoltare le preoccupazioni dei nostri figli e riconoscere i segni del disagio per capire cosa fare. Di fronte ad episodi violenti e ripetitivi di cui nostro figlio è vittima non si deve indugiare, ma bisogna coinvolgere immediatamente il vertice della scuola, gli operatori sociali o, in situazioni più gravi, la polizia e un avvocato. Se scopriamo che nostro figlio non è la vittima, ma il bullo, non indugiamo comunque e rivolgiamoci subito alla famiglia della vittima per scusarci e alla scuola, chiedendo che nostro figlio venga aiutato con un intervento riabilitativo.
Il cyberbullismo
Il cyberbullismo è un atto di bullismo psicologico, ripetuto nel tempo, esercitato attraverso l’utilizzo della rete, ovvero attraverso i social e le mail, contro una vittima che non può difendersi perché il bullo può mantenere l’anonimato e può avere un pubblico vasto, grazie alle condivisioni, arrivando a controllare le informazioni personali della vittima. La quale non sempre ha la possibilità di vedere il volto del suo aggressore, e può avere una scarsa conoscenza circa i rischi causati dalla condivisione delle informazioni personali in rete.
Ecco perché la vittima, talvolta, essa può arrivare a compiere atti davvero tragici. Una recente ricerca ha indagato il fenomeno del suicidio adolescenziale ed effettivamente l’associazione cyberbullismo\ suicidio è purtroppo statisticamente significativa.
I segnali che possono aiutare un genitore a capire se il proprio figlio è vittima di cyberbullismo sono: utilizzo eccessivo di internet; il ragazzo chiude le “finestre” aperte del computer quando il genitore entra in camera; rifiuto ad utilizzare internet; lunghe chiamate telefoniche ed omissione dell’interlocutore; immagini insolite trovate nel computer; disturbi del sonno; disturbi dell’alimentazione; disturbi psicosomatici (mal di pancia, mal di testa, ecc); mancanza di interesse; chiamate frequenti da scuola per essere riportati a casa; bassa autostima; perdita di denaro e di oggetti personali.
Il cyberbullismo non riguarda solo gli adolescenti, ma anche gli adulti risentono di tale fenomeno, in particolare sul luogo di lavoro. Uno studio, che ha coinvolto ricercatori di vari paesi, ha evidenziato come su un campione di 320 persone, circa otto su dieci aveva vissuto comportamenti di cyberbullismo almeno una volta negli ultimi sei mesi. I risultati hanno anche mostrato che il 20% li ha vissuti almeno una volta alla settimana, con un’incidenza simile al bullismo tradizionale.
Bullismo e omofobia
Il bullismo omofobico rappresenta la conseguenza dell’intolleranza, e trova la radice nei sentimenti negativi e nell’odio verso le persone omosessuali, sia uomini che donne, e anche verso tutti quelli che non aderiscono agli stereotipi sessuali, come ad esempio ragazzi con tendenze femminili o ragazze con tendenze maschili. Queste forme di discriminazione, messe in atto in maniera sistematica e intenzionale, sono molto diffuse e sono causa d’isolamento, di derisione e rifiuto, fino alle minacce e alla violenza fisica.bambini
Si tratta spesso di aggressioni di gruppo, fondate sul disprezzo per l’orientamento sessuale, sull’odio per gli omosessuali, sulla non accettazione della libertà di scelta dell’altro. L’omofobia è il risultato di un’educazione non solo familiare ma è anche la conseguenza dell’ambiente sociale e culturale nel quale si cresce.
“Il bullismo omofobico, ha sostenuto la Dr.ssa Canevisio, è un fenomeno sociale, di gruppo ed è responsabilità degli adulti non sottovalutarne la presenza nella formazione dei giovani. Il bullismo omofobico crea danni rilevanti alle persone e le vittime di tale abuso hanno il diritto di vedersi riconoscere la sofferenza, hanno il diritto di cominciare a pensare a se stessi come vittime e non come persone sbagliate. Questo è l’inizio della guarigione”.
Giuseppe Manzo